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Bambola o Paziente? Questo è il dilemma.

Pier Luigi Ingrassia
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Il manichino è un elemento centrale nelle esperienze degli studenti. Esso rappresenta uno “strumento di mediazione”, ossia uno di quegli strumenti che si utilizza per comunicare e sviluppare la conoscenza durante l’interazione sociale (R. Säljö, 2010).

Ho recentemente letto una review sul ruolo del manichino nella formazione infermieristica e mi ha incuriosito un elemento in particolare. Il manichino esercita per gli studenti una sorta di dualismo: può apparire sia come una bambola che come un paziente incarnato in un unico oggetto.
Questo dualismo rende, a mio avviso (ma non solo il mio!), il manichino un eccezionale strumento didattico perché evoca diverse opportunità di apprendimento. Se percepito come una bambola può, infatti, incoraggiare gli studenti a praticare abilità psicomotorie.
L’assenza di caratteristiche umane, come il linguaggio del corpo, la comunicazione non verbale e le espressioni emotive in un certo senso orienta rapidamente l’attività di apprendimento verso un compito procedurale specifico, forzando gli studenti a concentrarsi sulle abilità tecniche. Gli studenti infatti riferiscono di esercitare la procedura sentendosi in pieno controllo e senza il timore di arrecare danno a pazienti reali. 

Se invece viene percepito come un paziente può essere utilizzato per esercitare e praticare anche abilità di comunicazione, cura e relazionali permettendo agli studenti di sperimentare il proprio ruolo professionale: gli studenti comprendono le responsabilità e le competenze richieste dalla attività clinica, migliorando le qualità da mantenere nella loro futura pratica, quali ad esempio l’assegnazione delle priorità e l’assunzione di responsabilità.
E come far fare agli studenti questo salto percettivo?

Il facilitatore, il designer dello scenario, gioca un ruolo chiave. Scenari realistici, storytelling e assegnare un nome proprio possono umanizzare il manichino rendendo credibile l’idea che sia un paziente. Diversi autori riportano che il semplice dare voce al manichino in modo convincente contribuisce ad essere visto come un paziente e non più un oggetto. Il fatto stesso che il facilitatore interagisca con il manichino come se fosse un reale essere umano rafforza questa percezione e facilita lo switch mentale degli studenti: questi infatti si sentono più motivati a seguire l’esempio e a trattare il manichino come un paziente. Pertanto, l’apprendimento di ogni studente dipenderà dalla sua capacità di immergersi nell’esperienza, di agire, pensare e sentirsi come se fossero dei reali professionisti. 

La dualità del manichino permette quindi agli studenti di spostarsi avanti e indietro tra due ruoli: gli studenti sembrano rimanere nel ruolo di studenti se lo percepiscono come una bambola; ma se percepito come un paziente, il manichino permette loro di sperimentare il ruolo di professionale per cui si addestrano. 

Da Platone in poi, tutto fu due: una sostanza essenzialmente inerte, passiva ed estrinseca, la materia o il corpo, l’altra essenzialmente animatrice, vivificatrice e intrinseca, la mente o lo spirito. Anche per il manichino sembra valere lo stesso principio. Con l’unica differenza che a vivificare il corpo, il manichino, è la mente degli studenti che gioca il ruolo più importante!

Liberamente ispirato a: Handeland JA, Prinz A, Ekra EMR, Fossum M.
The role of manikins in nursing students’ learning: A systematic re-view and thematic metasynthesis.
Nurse Educ Today. 2021 Mar;98:10466

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